Non so esattamente perché, ma fin da quando ho preso una macchina fotografica in mano ne sono stato attratto. Sarà per la presunta “porta” su qualche altro mondo o la fine ineluttabile e sui misteri che avvolgono la vita, simbologie religiose (non solo abramitiche), sarà per la quiete e i pensieri che finalmente possono fluire assieme al vento.
Non so. Mi fermo spesso a leggere i nomi, a scorgere i ritratti, immaginando le storie, le vite sconosciute, i sogni scanditi da qualche strano segno scorto qua e là e forse spezzati e mai realizzati.
I camposanti come città dell’immaginario.