Uno storico dell’arte stava scrivendo per la prima volta un saggio sulla vita e sull’opera dello scultore Tito Sarrocchi senese (1824-1900). Era il 1995, mi chiese di fotografare quante più sculture possibile. Risposi che ci avrei provato, che anche per me si trattava di una sfida.
In cuor mio, immagino che gli scultori, così come i pittori, fino a quando la fotografia non li ha “liberati” dalla riproduzione della realtà o dalla rappresentazione storiografica e biblica, avessero voluto quanto meno tentato di “aggiungere” una sorta di “anima” alla loro opera. Qualcosa che dalla materia si elevasse fuori per narrare al visitatore una “storia”: quella di chi giace nel sepolcro, o di una battaglia, di una scena biblica, di un dolore. di una gioia, di un pianto o di una visione sublime.
Ho scelto perciò di lavorare con la luce naturale, ponendo particolare attenzione ai punti di ripresa ed osservando le ombre sui marmi, la polvere sedimentata, le striature del tempo ed evitando qualsiasi intervento su ciò che avessi trovato.
Ho seguito Sarrocchi a Siena, Acquapendente, Pisa, Modena, Grosseto ed in varie ville che conservano busti, marmi e bassorilievi. Mi sono mancati i suoi lavori a Cagliari e ad Alessandria d’Egitto.
In corso d’opera, man mano che il volume prendeva il suo corpus definitivo, le foto sono state oggetto di due pubblicazioni nel 1995 e nel 1996:
La Mostra al Santa Maria della Scala
Il libro finale è anche il catalogo della mostra che ebbe luogo al Santa Maria della Scala di Siena nel 1999. Per l’occasione furono restaurati parte dei gessi che Sarrocchi 100 anni prima aveva donato al Comune di Siena e che, per incuria nei decenni che seguirono, molti dei quali sono andati distrutti.
In mostra anche parte delle fotografie del volume in formato di gigantografie.
I gessi restaurati hanno trovato collocazione permanente presso una sala del Santa Maria della Scala.
I gessi nella gipsoteca
Così si presentavano i gessi di Sarrocchi presso la gipsoteca del Comune quando vi entrai nel 1996, prima del restauro.