Le scritte sui muri la gente le scrive da tempo immemore, poi dilavate dalla pioggia, ricoperte dai restauri, sparite con le stagioni. Alcune però hanno lasciato memoria di sé, da secoli, nascoste, incise nel mattone, nel marmo, nella pietra.
Mi hanno affascinato quelle lasciate nella Loggia dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena, costruita intorno alla metà del ‘300 per permettere ai governatori di riposare e di prendere aria.
La più antica risale al 1494, forse della famiglia Landucci, e molti sono gli stemmi di famiglie nobiliari, incise forse nell’attesa di essere ricevuti a colloquio: Salimbeni, Venturi, Zondadari…
L’emozione più forte, però, sono state le scritte dei carcerati ottocenteschi quando la Loggia fu loro destinata all'”ora d’aria”. Tra di esse quelle di una ragazzo di 14 anni, Orazio, condannato a 31 mesi di carcere che compose la scritta, con mano un po’ incerta, nel 1874.
Messaggi, nomi, segni, epoche, affidate ad un solco nel marmo e nel mattone, sperando che qualcosa resti di loro, prima che si perda offuscato dalle ombre e dalle nebbie del tempo.